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HOLDERLIN

HOLDERLIN

«Proprio perché Hölderlin non vuol dividere, gli è tolto tutto;
perché il suo spirito non vuol lasciarsi legare,
la sua vita cade in servitù corporale.
La bellezza di Hölderlin è anche la sua tragica colpa:
per la sua fede nel mondo superiore, più alto,
diventa un ribelle contro il mondo più basso, il mondo terreno,
cui non può sfuggire altrimenti che sulle ali della sua poesia».


Stefan Zweig
Traduzione di Aldo Oberdorfer
Prefazione di Antonio Gargano

Formato:Formato 130 x 210
Pagine 178
978-88-7937-711-9
€ 9,00


Il volume di Stefan Zweig La lotta col dèmone. Hölderlin, Kleist e Nietzsche, tradotto dal tedesco da Aldo Oberdorfer, è stato pubblicato per la prima volta nel 1933 dalla Sperling & Kupfer, con un’unica introduzione dell’autore, come II volume della serie I costruttori del mondo. Tentativo di una tipologia dello spirito. In questa edizione Tullio Pironti pubblica singolarmente le biografie dei tre autori tedeschi, riproponendo la stessa introduzione di Stefan Zweig in ciascun volume.

«Attraverso tutta la sua opera […] Hölderlin vede prevalere nella sua/nostra epoca, nell’“oscurità del nostro tempo insicuro”, lo spirito del conflitto, la forza della disgregazione e della distruzione, ma proprio questo prelude – nell’eterna alternanza di amore e odio, di “spirito di turbolenza” e “spirito della quiete” – a un ringiovanimento del mondo, e il poeta profetizza: “dove è il pericolo, cresce anche ciò che ti salva”». (dalla Prefazione di Antonio Gargano)

Con quei suoi tratti delicati, gentili e miti, i biondi capelli e la pulizia accurata delle vesti, lo Hölderlin ritratto da Zweig è la figura in cui più violentemente contrasta l’oscurità del suo dèmone interiore, quell’irrequieto slancio poetico che, come una necessità, un ineluttabile destino, lo conduce via con sé, sempre più lontano dalla vita e dalla realtà, dalla loro dimensione umana.
«La legge della vita […] non tollera che si resti al di fuori dei suoi eterni giri: chi si rifiuta di tuffarsi in quel caldo flutto, muore di sete a riva; la vita di colui che non partecipa è destinata a rimanere eternamente fuori, in solitudine tragica», scrive Stefan Zweig che, con un’appassionata e poetica analisi, traccia la parabola della «caduta nell’infinito» di quest’eroe, grandiosamente tragico e triste.
Ma la poesia sopravvive anche al disfacimento e alla dispersione della ragione, e Zweig pietosamente lo coglie, lui che fu profeta inquieto presso gli uomini delle idealità dell’umanesimo non meno di Hölderlin, e che ha fatto del biografismo e della follia gli ambiti di uno scandaglio profondo, sempre illuminando il valore dell’uomo in quanto tale.

Stefan Zweig è stato uno degli scrittori più popolari del Novecento.
Biografo, drammaturgo, saggista, traduttore e giornalista, nacque a Vienna nel 1881 da una famiglia ebraica.
Nel 1933 le sue opere furono bruciate dai nazisti. Nel 1934 lasciò l’Austria, stabilendosi prima in Inghilterra, a Londra, quindi negli Stati Uniti, a New York, infine in Brasile, a Petrópolis. Qui l’inquietudine e la prostrazione umana e intellettuale lo spinsero al suicidio, il 22 febbraio 1942, insieme con la seconda moglie, Lotte Altmann.
Questa versione dei fatti è stata messa in dubbio dallo scrittore brasiliano Deonísio da Silva che, nel suo romanzo Stefan Zweig deve morire (Tullio Pironti Editore, 2013), ipotizza che possa essersi trattato di omicidio.


Aldo Oberdorfer (1885-1941) è stato uno scrittore e traduttore.
Ha curato l’Antologia di prosa e poesie tedesche d’autori moderni (1750-1850) (Remo Sandron, 1925) e pubblicato le biografie Giuseppe Verdi (Mondadori, 1949), Il re folle. Luigi II di Baviera (1845-1886) (Mondadori, 1935; 1973) e Riccardo Wagner (Mondadori, 1933; 1960).
Numerose le sue traduzioni per Mondadori e Rizzoli.


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